Massimo Cacciari e i corpi politici intermedi

Massimo Cacciari è un filosofo, politico opinionista. è stato sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 e dal 2005 al 2010. L’intrecciarsi delle sue attività, politica e accademica, lo hanno più volte messo nella condizione di affrontare i fondamenti del pensiero politico e più specificatamente i principi di funzionamento dei sistemi democratici.
Riportiamo il suo pensiero in merito alla funzione dei corpi intermedi associativi nella vita delle moderne democrazie rappresentative, riportando il video integrale e sintetizzando i contenuti dell’intervento tenuto nel marzo 2019 a Gallarate in occasione di Filosofarti 2019, “Significato e crisi della democrazia”.

Massimo Cacciari – Significato e crisi della democrazia – Filosofarti 2019 – Gallarate 4 marzo 2019

Democrazia. é una parola di cui avvertiamo il peso ed il valore ma nello stesso tempo talmente inflazionata e spesso abusata che quasi non sappiamo definirla e attribuirgli un significato concreto. Uno valori fondanti del concetto di Democrazia insieme alla libertà di parola (ognuno deve essere libero di poter esprimere il proprio pensiero), è quello libertà di riunirsi, associarsi e dare vita a organismi nei quali ci si auto-organizza per agire collettivamente (5:25)

Qual è l’autorità politica democratica che genera la “legge sovrana” (nomos basileus)? Attraverso quale meccanismo propriamente democratico si giunge alla formulazione delle leggi? Qualcuno ha sostenuto o sostiene possa essere la democrazia diretta. In teoria, con le tecnologie esistenti, è tecnicamente possibile, come puro esercizio mentale, si può concepire formalmente che tutti votino in maniera elettronica sullo stesso quesito. Tutto il paese o tutto il mondo possono votare da casa. Democrazia diretta. Ma chi formula le domande su cui tutti sono chiamati a pronunciarsi? Il politico chiaramente, altrimenti non basterebbero 1.000 vite per decidere se tutti potessero chiamare tutti a pronunciarsi su ogni cosa. Entra allora in gioco, necessariamente, il concetto di rappresentanza, di democrazia rappresentativa (13:25 – 17:40).

Ma andando ancora più alla base dell’idea di democrazia (potere del popolo) Cosa significa popolo? E cosa significa rappresentare? Il demos ateniese greco era un’entità etnica ben definita, tollerante ma autoctona e identitaria. E in quanto tale era di modesta entità numerica Il populus romano al contrario rappresentava un perfetto ius soli e, comprendendo ogni persona nata all’interno dei confini dell’Impero, era una figura giuridico politica definita, un insieme articolato di cittadini che convenivano e nominavano i loro tribuni accanto e in contrapposizione al Senato (18:10 – 21.40)

La nostra attuale idea di popolo, che si riferisce alla massa, alla “gente” in maniera indifferenziata, nasce con l’affermazione dello stato moderno che nasce e si afferma proprio eliminando quelle articolazioni e quella potenza politica insita nel concetto romano di popolo, sradicando da ogni autonomia il precedente corpo popolare organizzato e articolato al proprio interno. Anche al di là e dopo il tramonto delle tendenza assolutiste tale concetto rimane saldo fino ai nostri giorni, legato com’è alla natura individualista della nostra cultura moderna. Il popolo è costituito da masse indistinte, formate da individui con uguale potere di rappresentarsi attraverso dei delegati. Massa di individui (prodotti dalla forma stato dopo processo di “liquidificazione”) che si rappresenta nel potere politico attraverso un mandato o una rappresentanza (21:40 – 24:50).

Rappresentanza o mandato? Libero o vincolante? La società moderna è costituito da una massa di individui, di cittadini, ognuno dei quali è portatore del solo proprio, personale interesse. Il rappresentante allora si trova a dover operare autonomamente una sintesi tra gli interessi e i pensieri di tanti singoli individui, lui immagina e conseguentemente si dà una strategia e una linea politica. Solo se fosse rappresentante di una specifica categoria o di un gruppo determinato, solo a quel punto potrebbe esistere una mandato, almeno relativamente, imperativo e vincolante. Fuori di tale ipotesi il rappresentante è fisiologicamente libero dal rappresentato, e deve necessariamente immaginarsi in via autonoma e per approssimazione linee politiche che non possono essere determinate o specifiche. Il rappresentante è un soggetto che “immagina di rappresentare”, non può fare diversamente. Deve esprimere un indirizzo che non può essere una rappresentanza esatta bensì l’indicare una prospettiva. Deve avere una qualche funzione di guida. E in questo senso, in effetti, la guida non può essere rappresentante. Ti indico la strada – dice il rappresentante – ti dico la prospettiva, la direzione, seguimi. Questo è l’unico esito della rappresentanza. Non c’è identità tra rappresentato e rappresentante; chi dice il contrario propone in chiave demagogica false e impossibili meccanismi identificativi. Il politico responsabile al contrario indica delle soluzioni; non dice “ti seguo”, ma “seguimi!”.
Altre forme di democrazia vengono periodicamente spacciate come possibili, come ad esempio la democrazia diretta via web. Oppure forme di democrazia del mandato imperativo. Entrambe tuttavia devono rispondere a delle contraddizioni interne.
Per la democrazia diretta: chi pone le domande su cui poi tutti sono chiamati a pronunciarsi?
Per il vincolo di mandato: come si riorganizza la società sulle basi di gruppi consolidati di tipo corporativo visto che la storia moderna è andata esattamente nella direzione opposta? (24:50 – 35:40)

Come facciamo allora a far funzionare la democrazia rappresentativa? Deve esserci da una parte un politico che analizzi realisticamente la situazione e indichi le possibili soluzioni. Ma soprattutto dall’altra parte deve esistere una società civile in grado di dialogare consapevolmente con il proprio rappresentante, di valutare e controllare il suo operato. Questo però avviene solo se c’è sufficiente formazione e informazione. Solo così, solo grazie alla mediazione dei corpi intermedi ci può essere collaborazione dialettica tra società e politica. Questo non è un optional, è un presupposto della democrazia rappresentativa, ma è utopistico (nel senso di irrealistico) avere queste caratteristiche se la popolazione è costituita solo una massa di individui indifferenziati. Se invece ci sono corpi intermedi, intermediazione organizzata da associazioni, sindacati etc. allora può esserci rapporto dialettico e interlocuzione tra cittadini ed elites politiche, corpi intermedi che filtrano e metabolizzano la domanda e gli interessi della società, gli danno forma e mediano con chi viene scelto per ricoprire responsabilità istituzionali. La democrazia rappresentativa quindi vive e trova la sua espressione nella ricchezza con cui la società civile si organizza autonomamente cessando di essere massa, ma insieme di parti. In caso contrario senza mediazione e senza dialogo tra massa indistinta ed élite politiche si rischia di diventare autocrazia, come sta accadendo a molte democrazie post-moderne (35:40 – 46:30.

Se vengono meno i corpi intermedi, a viene meno l’idea stessa di democrazia rappresentativa.